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Il paesaggio? Una questione di democrazia (e partecipazione)

 

 

Parlare di paesaggio e democrazia potrebbe sembrare un accostamento lessicale fuori luogo. Potrebbe, certo. Ma non lo è, soprattutto quando di mezzo c’è la Toscana. Ovvero una regione che si è dotata di un moderno piano d’indirizzo territoriale con valenza di piano paesaggistico (Pit), di un Osservatorio regionale del paesaggio e che proprio nel suo capoluogo, a Firenze, ha visto porre la firma sulla Convenzione europea del paesaggio. È anche di questo che si parlerà pubblicamente nel corso del convegno “Dalla pianificazione alla gestione partecipata del paesaggio” in programma venerdì 26 ottobre nella sala blu dell’Educatorio Fuligno di Via Faenza 48, a Firenze. A organizzare l’appuntamento è l’Osservatorio in collaborazione col Garante regionale dell’informazione e della partecipazione. E proprio alla Garante, Francesca De Santis, è stato affidato un un tema non facile. Parlerà infatti delle sfide della Toscana.

De Santis, un titolo impegnativo.
«Impegnativo e bello. Il titolo richiama infatti quello del convegno: dalla programmazione alla gestione partecipata. Una definizione corretta e in linea con la legge regionale 65 del 2014. Un testo col quale si compie una doppia innovazione radicale in termini  di gestione partecipata del paesaggio».

Quale?
«È una doppia rivoluzione: verticale e orizzontale».

Cominciamo da quella verticale. Perché definirla così?
«Perché il tema del paesaggio penetra nei territori, che si integrano a ogni livello di governo. Una questione che non vale solo per il Pit. Perché in ogni piano territoriale vengono declinati i contenuti del piano paesaggistico».

Da cosa ha origine questo percorso?
«È figlio di una concezione democratica del paesaggio che nasce dalla Convenzione europea ma che trova fondamento teorico nell’elaborazione del professor Alberto Predieri, titolare della cattedra di diritto pubblico all’Università di Firenze, secondo il quale occorreva passare da una concezione statica a una concezione dinamica del paesaggio. E pensare che la sua teorizzazione risale agli anni Sessanta…».

Ci spieghi la differenza tra paesaggio statico e paesaggio dinamico.
«La dimensione statica è riferita alla conservazione e alla tutela vincolistica delle bellezze naturali. Quella dinamica è invece frutto delle interrelazioni tra fattori antropici e naturali. In questo senso si pensa al paesaggio per come viene percepito dall’occhio umano, in quanto espressione di un’identità culturale. Insomma, quest’ultima è l’interpretazione più contemporanea».

Dalla teoria ai fatti. Cosa è cambiato?
«Su questa nozione si è sviluppata una concezione democratica di paesaggio. Perché lo declina dal contesto regionale agli ambiti comunali. Dentro lo statuto del territorio, all’interno di ogni piano territoriale».

E la gestione orizzontale?
«È una gestione partecipata in cui si chiama tutta la collettività a costruire lo statuto del territorio. Lo si fa insieme alle amministrazioni».

Quindi, in sintesi, qual è la sfida della Toscana?
«È proprio la declinazione concreta di questa concezione democratica. Infatti parliamo di partecipazione, integrando il paesaggio con il governo del territorio. I tre concetti chiave sono proprio questi: partecipazione, paesaggio, governo del territorio. Concetti che innovano radicalmente e che fanno parte della definizione stessa di paesaggio».